
Ma la mia storia come inzia? Non è il caso di raccontarla, almeno non esattamente. Visualizziamola.
Se avessi una telecamera vi direi che l’inquadratura iniziale avviene da lontano. Si vede la neve cadere, non c’è nessuno tutto intorno e si intravede una sagoma lì sul fondo.
La telecamera si avvicina lentamente. Nevica ancora. C’è un ragazzo di spalle, seduto sul parapetto.
Ogni tanto si inserisce una scena dentro una metropolitana milanese. Pochi secondi. Due secondi. Si vede un ragazzo che cerca di animare un telefono cellulare che non si riaccende più.
La telecamera ingranisce la scena. Ora c’è questo ragazzo di spalle che si capisce che sta per fare qualcosa. La telecamera lo supera e si vede giù la folla nella piazza lontana. La telecamera si gira. C’è lui che sta per buttarsi di sotto. È seduto su uno dei parapetti delle terrazze del Duomo di Milano e sta per farla finita.
Una musica a bassissimo volume con il battito di un cuore che scandisce i secondi. Poi un primo piano del ragazzo in metropolitana. È lui è lo stesso che è sulle terrazze del Duomo.
C’è un altro ragazzo che lo guarda, in una stanza, e gli dice: «André, tutto bene?».
Poi ancora il battito del cuore e l’inquadratura del ragazzo di spalle sul parappetto delle terrazze del Duomo di Milano e la neve, poi schermo nero.
Sarebbe questo l’inizio del booktrailer.
Quel ragazzo sono io. Andrea Marini.
Sei vivo, potreste dire, stai scrivendo su questo blog. Sì, ma vi parlo prima dei fatti.
Perché sono lì? Perché lo sto facendo?
Un inizio davvero efficace, per me che amo le storie raccontate per immagini.